La Bella Napoli di Antonio Fresa

“Bella Napoli” che cosa ci suggerisci? Racconti per il futuro
Ci sono quelli che non possono stare lontani; quelli che pensano di fuggire e quelli che fuggono: “Bella Napoli” è una domanda o un’esclamazione, una speranza o una possibilità?
L’unica posizione esclusa è quella dell’indifferenza. Milioni di parole sono state infatti spese sulla nostra città, la sua storia, i suoi mali.
Ed ecco ora un libro di Vincenzo Moretti, semplice e complesso a un tempo, Bella Napoli, (Ediesse, 2011): dodici storie di napoletani, “di chi ogni mattina non si veste da supereroe ma da artigiano, insegnante, operario, scienziato, barista, perito chimico e così via. Di chi con la propria normalità mantiene accesa la speranza e rende meno evanescente la possibilità di cambiare. Persino quando non lo sa”.
L’autore, Vincenzo Moretti – sociologo, responsabile della sezione Società, culture e innovazione della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, insegna Sociologia dell’organizzazione nell’Università di Salerno – ha raccolto queste dodici storie di lavoro, di passione e di rispetto per mostrare una Napoli della quotidiana applicazione al fare, della fedeltà a se stessi e alla propria identità.
Perché storie e non analisi o ricostruzione storica o sociologica?
Puntuale giunge la prefazione di Moretti – un misto fra la riflessione e il racconto – a ricordarci che: “un racconto non è solo un semplice susseguirsi di eventi, ma dà forma al trascorrere del tempo, indica cause, segnala conseguenze possibili” (Richard Sennet 2002).
Pagina dopo pagina, scoperta dopo scoperta, seguendo il rapporto con la città e con il lavoro di dodici napoletani, si è chiamati a un confronto che si fa sempre più ampio, più nazionale, più epocale.
Napoli sembra racchiudere in sé, ancora una volta nella storia, contraddizioni e tensioni che non sono solo sue e che addirittura anticipano e pongono al centro le questioni del domani.
Quale questione appare oggi essere più rilevante, più drammatica e più imprescindibile di quella del lavoro, della dignità del lavoro, in un paese come l’Italia che “non ha più una visione condivisa del proprio futuro….esattamente perché alle vie del lavoro e della partecipazione ha preferito quelle della ricchezza senza capacità, del comando senza responsabilità, dell’arrivismo senza regole, della notorietà senza merito”? Le vite dei singoli si intrecciano, si raccontano a creare un tessuto che ci riguarda tutti. Le esperienze di dodici napoletani ci aiutano a porci le domande giuste.Antonio Fresa
Pubblicato su “Il Mediterraneo”, diretto da Diego Penna
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